E’ normale soffrire tanto per la perdita del proprio cane?

0 Comments

Last Updated on 24/10/23 by wp_15467959

Una cara amica, confidandosi con me dopo la morte del suo amatissimo border collie, mi confessò di sentirsi in colpa perché si accorgeva di soffrire più per la morte del cane che per quella di una cugina, avvenute nello stesso periodo di tempo e voleva sapere come ciò fosse possibile. Le chiesi quanto spesso vedeva la cugina e mi disse che da bambine erano state spesso insieme, mentre da diversi anni i loro incontri si limitavano alle riunioni e visite familiari durante le feste, oltre ad alcune telefonate, anche queste soprattutto in occasione di alcune ricorrenze. Lei stessa, mentre mi diceva queste cose, esclamò: “Ma io con Slinky (questo era il nome del border collie) ho vissuto dieci anni in una vera e propria simbiosi”. Si era data da sola la risposta.

Le attenzioni che noi prestiamo al nostro cane, non ci sono certo ripagate da un punto di vista economico o comunque materiale. Il nostro cane in cambio può offrirci e ci offre una sola cosa, che ha però un valore immenso: l’amore incondizionato, assoluto!

Le relazioni con un altro essere umano – che sia il nostro partner, un amico o un parente – sono spesso difficile da creare e ancora più difficili da mantenere. Discussioni, incomprensioni, trasferimenti e mille altre evenienze della vita mettono a dura prova le relazioni umane e spesso le distruggono, ad esempio con litigi insanabili, separazioni, divorzi. Tutto questo, con un cane, semplicemente non esiste. Se hai o hai avuto un cane, non credo ti sia mai capitato di litigare con lui per una questione di soldi, oppure di discutere con lui per motivi di lavoro.

Non solo. Al nostro cane non interesserà mai la nostra posizione sociale, il livello dei nostri guadagni, l’eleganza o lo sfarzo della nostra casa o dei nostri abiti. Anche se siamo troppo occupati, stanchi, annoiati o irritati per occuparcene, lui continuerà a incentrare la sua vita su di noi. Al limite, dopo aver inutilmente cercato di strapparci una carezza o un sorriso, si accuccerà ai nostri piedi, pronto a capire da un nostro gesto o da una nostra espressione che siamo di nuovo predisposti a condividere un momento con lui. Anche se lo sveglieremo nel pieno della notte, sarà pronto a farci le feste per ringraziarci di essergli accanto. Anche se è brutto dirlo, i cani sono capaci di amare persino i proprietari che li maltrattano e li picchiano.

Avete mai notato il modo con cui si “parla” al proprio cane, che è poi simile a quello della maggioranza delle persone quando si rivolgono a un cane, specie se si tratta di un cucciolo? In genere utilizziamo quello che in inglese è definito “baby talk”, vale a dire il linguaggio che si adopera quando ci si rivolge a un bambino piccolo, che sia il proprio o meno.

Questo perché cuccioli e bambini condividono una caratteristica fondamentale: non sono in grado di badare a loro stessi, hanno bisogno di qualcuno che se ne occupi, che gli procuri cibo, riparo, cure mediche, protezione. Una differenza però c’è, ed è importante, perché mentre il “cucciolo” d’uomo crescendo diverrà man mano indipendente, il “cucciolo” di cane continuerà in buona parte a dipendere da noi, per tutta la sua vita.

Mantenendo questo stato di innocente dipendenza infantile, i cani stimolano il nostro desiderio di offrire loro protezione, di accarezzarli, pettinarli e spazzolarli, di fargli il bagno, tagliargli le unghie, curarne gli occhi, le orecchie, i denti e parti intime che toccheremmo solo a nostri figli.

Non a caso, la maggioranza delle persone ormai non definisce il proprio ruolo con termini come “padrone” o “proprietario”, ma più spesso si definisce “amico”, quando non “la mamma” o “il papà” del loro cane e, se questo avrà dei cuccioli, “il nonno” o “la nonna”.

Accertato che i cani sono incapaci di fingere o mentire, che esprimono la forma di amore più puro in un essere innocente, che spesso sono i primi membri della famiglia a salutarci festosi la mattina quando ci alziamo dal letto e la sera quando rientriamo a casa, davvero è il caso di stupirci dell’intensità del dolore che proviamo quando muoiono, e tantomeno di vergognarcene?

Anche se certamente li amiamo molto, la maggior parte dei nostri familiari e degli amici più stretti spesso non ha una presenza così costante nella nostra vita quotidiana. Questo è un fattore importante da avere ben chiaro, perché il dolore è anche un mezzo per superare la perdita e cercare di reprimerlo eccessivamente ritarderebbe l’accettazione e il superamento dell’indispensabile processo di elaborazione del lutto.

Questo articolo

è tratto dal libro
Aspettami al Ponte dell’Arcobaleno,
che aiuta a superare il dolore
per la morte del proprio cane.

Lo puoi acquistare su Amazon:

https://amzn.to/48DBNWA

Categories:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *