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Le prime testimonianze archeologiche di una convivenza tra uomo e cane, risalgono a un periodo che va dai 14.000 ai 12.000 anni fa, quindi ben prima che l’uomo addomesticasse altre specie animali, come bovini, pecore, capre o maiali. In diverse parti del mondo[1], sono stati infatti trovati resti di sepolture risalenti a quell’epoca, nelle quali accanto a ossa umane riposavano resti di cani.
La scoperta più emozionante è stata probabilmente quella fatta negli anni Settanta del Novecento nel nord dello stato di Israele, dove in una tomba datata intorno ai 12.000-11.000 anni fa è stato trovato accanto ai resti di un essere umano, lo scheletro di un cucciolo, con denti significativamente più piccoli rispetto ai lupi che vivevano in quell’area, a testimonianza che si trattava di una specie addomesticata. Particolarmente significativo era il fatto che la mano dell’essere umano era poggiata sul corpo del cucciolo al momento della sepoltura, a testimonianza di un probabile legame affettivo tra i due (v. fig. successiva)[2].
Qualche millennio dopo, tra i 7.00o e i 5.000 anni fa, durante la rivoluzione del Neolitico che portò alla scoperta dell’agricoltura e quindi alla creazione dei primi villaggi, l’uomo probabilmente perfezionò la selezione dei cani per adibirli meglio ai compiti che gli erano più utili: caccia, protezione della persona e della casa, guardia delle greggi e delle mandrie, ecc.
Questo processo di selezione avveniva in buona parte per via naturale: gli uomini tenevano con loro i cani che rispondevano maggiormente alle funzioni richieste, permettendo alle femmine di accoppiarsi solo con maschi di temperamento e struttura fisica simile. Queste coppie selezionate, riproducendosi generavano cuccioli che ereditavano e accrescevano le predisposizioni dei genitori.
Di generazione in generazione questo dovette produrre le prime fondamentali razze canine, diverse per aspetto fisico e carattere, come testimoniano incisioni rupestri, frammenti di disegni e di piccole sculture avventurosamente giunti a noi. Nella fig. successiva, ad esempio, vediamo una pittura rupestre del Tadrart Acasus (nell’attuale Libia) nella quale l’animale raffigurato accanto all’uomo ha la coda a forma di falce, tipica dei cani e inesistente nei lupi.
In alcuni di essi, infatti, appaiono cani longilinei dalle code arricciate, lontanamente simili agli attuali levrieri, con ogni probabilità destinati alla caccia. In altre testimonianze artistiche sono invece riprodotti cani pesanti e dalla testa larga, probabilmente usati soprattutto per guardia e protezione e paragonabili agli attuali mastini; in altri graffiti, disegni e sculture appaiono invece cani di taglia più piccola, con arti più corti, forse destinati a cacciare topi e altri animali che vanno sotto terra (ad esempio conigli e tassi), lontanamente considerabili come i primi antenati di cani attualmente da compagnia, come i bassotti.
Si trattava, in tutti i casi, di cani oramai addomesticati, come dimostra la presenza in alcune rappresentazioni di collari e guinzagli. Ad esempio, su un vaso ritrovato nell’area corrispondente all’antica Mesopotamia e risalente a circa 8.000 anni fa, si trovano riprodotti sia un lupo che caccia solitario, sia un cane tenuto al guinzaglio che aiuta gli uomini a cacciare delle capre, a conferma della ormai netta differenziazione tra i due animali.
Anche in alcuni disegni e ceramiche risalenti all’antico Egitto si vedono cani dal corpo longilineo, le orecchie erette e la coda arricciata, simili agli attuali levrieri, che cacciano delle gazzelle, ma che significativamente sono rappresentati tenuti al guinzaglio o sdraiati accanto ai loro proprietari (v. fig. successiva, proveniente dalla tomba egizia di Khui, nella necropoli reale di Dara).
In epoche storicamente più recenti, durante il periodo dell’antica Grecia e dell’impero romano, sono numerose le rappresentazioni di cani di grossa taglia, utilizzati come cani da guardia (v. fig. successiva, da un mosaico proveniente da Pompei) oppure utilizzati dai soldati, come nel caso dei molossi. In quest’ultimo caso, è ipotizzabile che la selezione effettuata dall’uomo non favorisse tanto la ricerca degli esemplari più docili quanto, al contrario, di cani aggressivi.
Si era, comunque, molto lontani dalle centinaia di razze esistenti oggi. Probabilmente, sino a tutto il Medioevo, in Europa esistevano all’incirca una dozzina di tipi diversi di cane, risultato di selezioni riproduttive ripetute per generazioni e generazioni con l’obbiettivo di avere cani il più possibile adatti per struttura fisica e comportamento alle loro differenti destinazioni.
Fondamentalmente si potevano distinguere cani da guardia, cani da pastore, cani da caccia e cani da compagnia (questi ultimi riservati a una ristretta élite di nobili e ricchi). All’interno di queste categorie potevano esserci ulteriori suddivisioni. Ad esempio, nel caso della caccia, una ulteriore selezione aveva prodotto cani con strutture fisiche e comportamentali molto diverse l’una dall’altra: più massiccia se la caccia era ad animali di grossa taglia, con arti corti se i cani erano destinati a inseguire conigli o tassi sin nelle loro tane, predisposti a riportare al loro padrone la selvaggina uccisa o ferita, e così via.
Nei secoli successivi, all’incirca dalla fine del Quattrocento alla fine dell’Ottocento, la prosecuzione di questa selezione riproduttiva aumentò il numero di razze disponibili. Nell’Inghilterra dell’Ottocento, ad esempio, la pratica della caccia diffusa tra le classi nobiliari, imponeva la presenza di cani da caccia dai compiti ben distinti: lo springer spaniel stanava le prede, il setter le puntava, il retriever recuperava la selvaggina morta o ferita.
Bisognò però arrivare alla fine dell’Ottocento per assistere alla vera e propria moltiplicazione delle razze canine.
Questo articolo
è tratto da
La fantastica storia del cane e del barboncino,
che ti racconta come, quando e perché sono nati il cane e la razza barbone.
[1] Ad esempio vicino a Bonn in Germania o nella regione russa di Bryansk.
[2] S. J. M. Davis e F. R. Valla, Evidence for domestication of the dog 12,000 years ago in the Natufian of Israel, in Nature, 1978, n. 276, pp. 608-610.